Non c'è Pace senza Vero Disarmo. E con l'indifferenza globale versi la fame.
Non c'è pace senza un vero disarmo. E con l'indifferenza globale verso la fame. Oggi Ricordiamo Papa Francesco.
Papa Francesco: "Non c'è pace senza vero disarmo". Consonanze tra ecologia integrale e terrestrità. Oggi lo ricordiamo
Siamo rattristati per la scomparsa di Papa Francesco, un costruttore di pace, di cui le ultime parole, non a caso, sono state: "Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo".
Bergoglio ha sempre condannato le guerre, ogni guerra "mai giusta e sempre una sconfitta per l'Umanità"; e la corsa agli armamenti.
La pace attraverso il disarmo implica, per il Papa, la messa al bando della produzione e del commercio di tutte le armi, che noi perseguiamo promuovendo l'obiezione di coscienza in tutte le sue forme antimilitariste e nonviolente.
Anche nel suo solco culturale, condividendo l'approccio per l'umanità globale integrata nella Natura, dal punto di vista di una "nonviolenza poietica" radicale, siamo impegnati a colmare la frattura tra "dover essere e essere", confidando nella potenza superiore della spinta universale alla vita.
Noi Disarmisti esigenti, ribadiamo la visione ecopacifista della terrestrità, che presenta, con l'ecologia sociale, molte assonanze con l'ecologia integrale esposta nella "Laudato si'".
Siccome "la nonviolenza efficace sono i progressi del diritto internazionale", al pari di Bergoglio, approviamo e sosteniamo il progetto di una Costituzione della Terra, percorso che insieme alle trattative tra potenze nucleari per il "No first use" ed una Helsinki 2 per la sicurezza comune europea, deve impegnare il movimento di Stati e ONG che ha incardinato il Trattato di proibizione delle armi nucleari.
La "globalizzazione dell'indifferenza", denunciata da Francesco, a nostro avviso ha come emblema, oltre alla questione delle migrazioni, due "genocidi" dimenticati: la fame nel mondo e lo sterminio degli altri animali negli allevamenti intensivi.
La critica del sistema del potere verticale e della accumulazione senza limiti esige la fissazione di limiti sociali allo sviluppo delle tecnologie della potenza: non solo il nucleare, ma anche l'AI che può fornire a un ristretto gruppo di potenti, determinati a forzare gli equilibri della evoluzione naturale, il controllo oppressivo sull'insieme del genere umano.
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I Paesi nel mondo in cui la fame attualmente "morde" di più, nell'indifferenza generale. Sotto un elenco.
Mali: Il conflitto in corso sta spingendo un numero crescente di persone verso livelli critici di fame, con migliaia che affrontano condizioni "catastrofiche" nel nord del paese a causa della violenza e delle gravi restrizioni all'accesso umanitario.
Sudan: Il conflitto iniziato nell'aprile 2023 ha causato lo sfollamento di oltre 11,3 milioni di persone e sta peggiorando una situazione alimentare già precaria. Si segnalano rischi di carestia in alcune aree, come il campo di Zamzam nel Nord Darfur.
Sud Sudan: La combinazione di conflitti, inondazioni e una debole economia sta portando a livelli di fame elevatissimi, con stime di varie decine di migliaia di persone in condizioni di carestia.
È importante sottolineare che la situazione è dinamica e può cambiare rapidamente. Organizzazioni come il Programma Alimentare Mondiale (PAM) e la FAO monitorano costantemente la situazione a livello globale e forniscono aggiornamenti sui paesi più colpiti dalla fame.
La fame è una crisi complessa, spesso causata da una combinazione di fattori come conflitti, alimentati da clan tribali fomentati da IMN e potenze straniere, cambiamenti climatici, povertà estrema, instabilità politica provocata da fazioni corrotte in concorrenza e mancanza di accesso agli aiuti umanitari.
Esiste una forte correlazione storica tra il dominio dei paesi coloniali e le cause profonde della fame in molte regioni del mondo. Il colonialismo ha lasciato un'eredità complessa e duratura che continua a influenzare la sicurezza alimentare in diversi modi:
Distruzione delle economie agricole locali e autosufficienza:
Passaggio a monocolture per l'esportazione: Le potenze coloniali spesso costrinsero le colonie a coltivare specifici prodotti (come zucchero, cotone, caffè, tè) destinati all'esportazione verso la madrepatria. Questo ha comportato la riduzione o l'eliminazione della produzione di colture alimentari destinate al consumo locale, minando l'autosufficienza alimentare delle comunità.
Confisca di terre fertili: Le migliori terre agricole venivano spesso espropriate dalle popolazioni indigene e destinate alle piantagioni coloniali, relegando gli agricoltori locali a terreni meno produttivi e marginali.
Distruzione di sistemi agricoli tradizionali: Le pratiche agricole locali, spesso sostenibili e adatte all'ambiente, venivano ignorate o attivamente soppresse in favore di metodi di coltivazione intensivi orientati all'esportazione.
Creazione di dipendenza economica:
Mercati forzati: Le colonie venivano spesso trasformate in mercati forzati per i prodotti industriali della madrepatria, ostacolando lo sviluppo di industrie locali e creando una dipendenza economica.
Sfruttamento delle risorse: Le risorse naturali delle colonie venivano sfruttate a beneficio della potenza coloniale, spesso senza alcun beneficio significativo per le popolazioni locali.
Sistemi commerciali iniqui: I prezzi delle materie prime esportate dalle colonie erano spesso mantenuti artificialmente bassi, mentre i prezzi dei beni importati dalla madrepatria erano elevati, perpetuando uno squilibrio economico.
Imposizione di politiche che hanno esacerbato le carestie:
Mancanza di investimenti nell'agricoltura locale: Le infrastrutture e gli investimenti erano spesso orientati a facilitare l'esportazione piuttosto che a sostenere l'agricoltura per il consumo interno.
Risposta inadeguata alle carestie: In molti casi, le amministrazioni coloniali hanno risposto in modo negligente o addirittura dannoso alle carestie, privilegiando l'esportazione di cibo anche in periodi di grave scarsità locale (come è avvenuto in alcune carestie in India e Irlanda).
Neo-colonialismo:
Anche dopo l'indipendenza politica, molte ex colonie hanno continuato a subire forme di neo-colonialismo, attraverso meccanismi economici, politici e culturali che perpetuano la dipendenza e ostacolano lo sviluppo di sistemi alimentari resilienti e autonomi. Questi meccanismi possono includere:
Debito estero: Condizioni associate ai prestiti internazionali che possono costringere i paesi a adottare politiche economiche orientate all'esportazione a scapito della sicurezza alimentare interna.
Politiche commerciali internazionali: Accordi commerciali che possono favorire i paesi industrializzati e rendere difficile per i paesi in via di sviluppo proteggere le proprie economie agricole.
Influenza delle multinazionali: Il controllo delle multinazionali sul settore agricolo e alimentare può portare a pratiche che privilegiano il profitto rispetto alle esigenze alimentari locali.
In conclusione, sebbene la fame oggi sia un problema complesso con molteplici cause (tra cui conflitti, cambiamenti climatici e politiche interne inadeguate), è innegabile che il dominio coloniale ha creato le basi strutturali per molta dell'insicurezza alimentare che vediamo oggi. Ha distorto le economie, distrutto i sistemi agricoli locali e creato una dipendenza che continua a rendere vulnerabili molti paesi. Comprendere questa eredità storica è fondamentale per affrontare efficacemente le cause profonde della fame nel mondo.